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12 settembre 1943: Mussolini liberato

di Marco Innocenti

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12 settembre 2009

Metà settembre 1943. L'Italia è sotto una cappa di piombo. I tedeschi si muovono da padroni nelle città morte e scatenano la caccia all'uomo. Il Paese vive un convulso agitarsi di gente abbandonata a se stessa. In pochi giorni è stato spaccato in due tronconi, sotto due diverse occupazioni miltari, quella tedesca al centro-nord e quella anglo-americana nell'estremo sud. Tutto è sovvertito e stravolto. L'Italia è un caos di sbandati che respirano polvere di calce e dormono sotto le scale e nei cortili, di profughi che affannosamente scendono dal nord o risalgono dal sud in cerca delle case e delle famiglie, di strade ingorgate dalle colonne militari, di tedeschi che rubano, depredano e uccidono, di gente che ha fame e tenta di mangiare, di disperati che cercano un posto qualsiasi per nascondersi e sparire, dei primi reparti militari che, fuggiti con le armi, si arrampicano sui sentieri delle montagne.

Achtung! Achtung!
La storia cammina in fretta e non risparmia le sorprese. Mussolini è prigioniero del re e di Badoglio in un albergo sul Gran Sasso, a Campo Imperatore. Si considera un uomo finito. Un mese prima, alla Maddalena, ha posto questa dedica sul libro di una giovane ammiratrice: "Mussolini, defunto". Il 12 settembre, dai microfoni nazisti arriva una notizia-bomba: «Achtung! Achtung! Il quartier generale del Fuehrer comunica che il duce è stato liberato». Un'operazione ardita compiuta dai paracadutisti tedeschi, ma con una dinamica farsesca, gli alianti che scendono come furie mentre il sole straccia le nubi, il comandante della scorta italiana che va incontro ai camerati nazisti con una bottiglia di vino rosso per brindare e Mussolini che, affacciato a una finestra, vede i parà armi in pugno e chiede se sono inglesi. «No eccellenza, sono tedeschi», gli rispondono. «Questa non ci voleva proprio», è il suo commento, che dice tutto, come la smorfia di disappunto che accompagna la battuta. Nella farsa della sua "liberazione" in quella domenica incredibile è forse lui l'unica persona onesta e illusa, nella speranza che gli attaccanti di una difesa inesistente siano fascisti, disposti a mettere a repentaglio la vita per il loro Capo.

La sceneggiata
Poi è tutta una sceneggiata, fatta di macchine fotografiche, di flash, dell'intrusione di Skorzeny, l'uomo di Hitler, di tutti che fanno a gara per farsi immortalare accanto a quell'uomo dalla faccia stravolta, il fantasma del duce dell'impero, che china il capo, rientra nella storia e firma la propria condanna a morte. Rinasce il fascismo, il duce torna tale, suo malgrado. Hitler si prende cura di lui, fin troppo. Molti lo credevano morto e invece il 14 Mussolini è a Rastenburg, dal Fuehrer. Quando scende dall'aereo nel sole lungo dell'autunno, ha una faccia che fa paura, con gli occhi vuoti, lucidi, da vecchio, il collo avvizzito, il volto floscio e giallo, gli abiti che gli cascano addosso. Comincia l'ultimo capitolo di una storia che è vicina al capolinea e che si concluderà davanti ai mitra spianati dei partigiani il 28 aprile 1945. Hitler gli parla da padrone. Mussolini tace, il suo rapporto con il Fuehrer è quello del parente povero. I bei tempi di Palazzo Venezia sono ormai lontani. Ora è un uomo stanco che sta per diventare servo.

12 settembre 2009
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